Chiesa di San Bernardo – Serniga

Chiesa Località

La località Serniga (m. 429 s.l.m.), frazione di Salò, è posta sul fianco destro della valle percorsa dal torrente Barbarano.

In latino era denominata Sernigae; Senichia nel sec. VIII; Sernicha in un documento del 1215; Serniga in un atto del 1616. Sembra che il nome derivi da quello di un proprietario di terreni in epoca romana. Lo storico Olivieri, tuttavia, è incerto fra il personale latino Sarnius e il nome personale etrusco Cerna.

Il piccolo borgo è raccolto entro la corona di monti che vanno dal S. Bartolomeo al Pizzoccolo, ai piedi di una deliziosa chiesetta che lo sovrasta e lo protegge. Tutt’intorno si estende quel suggestivo ambiente gardesano che il letterato Jacopo Bonfadio, di ritorno da Padova verso la metà del Cinquecento, descrisse ricco di “aranci, limoni e cedri, de’ boschi d’ulivi e lauri, e mirti, de’ verdi pascoli, delle vallette amene e de’ vestiti colli, e de’ rivi e de’ font”. Egli commentò cotanta bellezza con parole rimaste famose: “Non aspettate che vi dica altro, perchè quest’opera è infinita, come opera infinita è quella delle innumerevoli stelle dell’ottava sfera” (a Messer Plinio Tomacelli, in Lettere familiari di Jacopo Bonfadio da Gazano sulla Riviera di Salò. Opera data alla luce dall’abate Antonio Sambuca, Brescia, Jacopo Turlini, 1746. Citata da Attilio Mazza in “Santi e tradizioni del Garda”, Ateneo di Salò, 2004).

La chiesetta di S. Bernardo di Chiaravalle, appartenente alla Pieve di Salò, venne resa autonoma per decreto di S. Carlo Borromeo nel 1580. Più recentemente a Serniga venne unita anche la parrocchia di S. Bartolomeo. Sul territorio di pertinenza della parrocchia funzionò, per alcuni anni, un seminario di Padri Trinitari. Venne ufficiata, fino a qualche tempo fa, dai Padri Piamartini di Maderno. Attualmente dipende dalla Chiesa di S. Maria Annunziata di Salò.

Nel 1717 la chiesa era dotata di due altari dedicati rispettivamente all’Immacolata Concezione ed alla Madonna del Rosario. Entrambe le pale sono opera del pittore benacense Andrea Bertanza, morto in occasione di quella peste che, nel 1630, non aveva risparmiato nemmeno i paesi della Riviera Bresciana.
La prima paletta, olio su tela da cm. 125×185, rappresenta (appunto) l’Immacolata Concezione, l’esaltazione dell’Eucaristia, un Santo Vescovo e Santo Stefano.
La tela, replica di quella esistente a Fasano, riporta simboli desunti dall’Antico Testamento e dalle Litanie Lauretane: a sinistra il Sol iustitiae, la Janua cœli e il Fons signatus. A destra la Civitas sancta, l’Hortus conclusus, il Templum Salomonis e la Turris davidica. Alcuni dettagli plastici, come il volto paffuto di Maria e i panneggi più pesanti, fanno pensare alla mano di un collaboratore del maestro.
L’altra teletta ad olio, da cm. 130×160, rappresenta la Madonna del Rosario, con S. Domenico e Santa Caterina da Siena. Il dipinto, in pessimo stato di conservazione, è replica parziale della Pala di analogo soggetto conservata a S. Felice del Benaco. Di quest’ultima è riportato il nucleo centrale. Questa tela è indicativa del successo riscosso dal prototipo e tale da sollecitare la locale Confraternita del Santo Rosario a commissionare al Bertanza questa Pala quasi identica, ma meno complessa perchè priva dei quindici misteri del rosario e, quindi, meno onerosa per le tasche degli iscritti.
L’esecuzione di entrambe le opere è da ascrivere agli anni ’20 del 1600.
La chiesa presenta un terzo altare, con statua di Madonna col bambino. Esiste anche un piccolo battistero in nicchia. Sopra il battistero, una lunetta (olio su tela) rappresenta il battesimo di Gesù nel Giordano. Attualmente la tela è collocata nella cappella del Battistero del Duomo di Salò. I tre altari sono decorati con stucchi policromi di discreta fattura. Un’altra tela, di discreta fattura, era collocata sulle pareti della chiesa. Le tre opere, per motivi di sicurezza, sono state ritirate e sono conservate presso la Canonica del Duomo di Salò.